YS VIII: Lacrimosa of Dana - Recensioni in bottiglia
Piccolo preambolo: io questo titolo l’ho finito la prima volta anni fa su ps4 e la seconda qualche mese fa su pc, ma solo adesso mi sono sentito di scriverne una recensione. Di solito se scrivo un pezzo su un gioco lo faccio tipo a una settimana dalla sua conclusione, in modo da avere la mente fredda ma i ricordi vividi. Avrei voluto procedere così anche per YS VIII, ma per via di vari impegni ho “perso il treno”. Se sono qui oggi a parlarne è perché Lacrimosa of Dana si è rivelato qualcosa di speciale, un gioco che, anche a distanza di anni, mi ritorna in mente, un po’ come mi capita con i grandi jrpg dell’epoca d’oro, ovvero gli anni ’90. Ormai ho quasi 40t’anni, ed è sempre più difficile che un gioco mi faccia questo effetto, ma cercherò di spiegare come mai Lacrimosa of Dana mi abbia così colpito, in altre parole ammaliato.
Non è il primo gioco della serie che ho provato, quello è stato Ark of Napishtim su ps2, ma è il primo della se
rie che ho giocato dopo il cambio di combat system, che con YS Seven è passato da un sistema in cui si controlla solo un personaggio a un sistema con un party di personaggi switchabili. Per chi non lo sapesse, Ys è una serie action rpg che debutta negli ormai lontani anni ’80. Responsabile dello sviluppo è la Nihon Falcom, una software house che nel corso dei decenni è rimasta piuttosto piccola ma sempre indipendente, specializzandosi in prodotti non avanzati tecnologicamente ma molto curati da tutti gli altri punti di vista. YS VIII non fa eccezione, a maggior ragione, essendo un titolo sviluppato originariamente per PS Vita (e non certo il gioco tecnologicamente più avanzato su quella console), sulle console casalinghe e sui pc odierni mostra ancor di più la sua arretratezza grafica. Detto ciò occorre puntualizzare che grazie al design molto colorato, agli scenari evocativi, alla fluidità perfetta e all’effettistica il comparto grafico risulta comunque piacevole.
Iniziamo parlando un po’ della storia di Lacrimosa of Dana: come tanti altri capitoli della serie, l’incipit (giocabile) è rappresentato da un naufragio, causato dall’attacco di un enorme mostro, che coinvolge il protagonista, Adol Christin, il quale si troverà spiaggiato sulla misteriosa isola di Seiren. Inizialmente solo, Adol incapperà in altri naufraghi con i quali si alleerà per cercare di sopravvivere, e da lì partirà l’esplorazione dell’isola, che porterà i nostri beniamini a scoprire ben più di quanto si aspettassero. “Ma vah?” dirà qualcuno, io compreso. Chiunque abbia qualche primavera sulle spalle sa già benissimo dove un jrpg vuole andare a parare, penso che un giocatore scafato debba essere cosciente che non può più, per ovvie ragioni, rimanere stupito e meravigliato dalla trama di un jrpg, e forse più in generale, dalle trame di tanti altri prodotti narrativi. Però c’è un però. La serie Ys non ha mai voluto avere una storia troppo complessa e arzigogolata, da questo punto di vista è sempre stato piuttosto basico, concentrandosi soprattutto sul gameplay. Bisogna riconoscere che Ys VIII ha sicuramente ricevuto una cura in merito a trama e personaggi superiore rispetto al passato agli episodi passati. E se da una parte abbiamo un Adol, che per esigenze di continuità con il passato resta relegato ai canoni del classico protagonista muto, dall’altra abbiamo una Dana, una delle cooprotagoniste femminili che più ho amato negli ultimi anni, anche se non voglio dirvi di più. Il resto del cast non è nulla di trascendentale, ma nella loro semplicità sono riuscito ad affezionarmi al party e alle loro vicende. La trama, di cui non dirò assolutamente niente, scorre con un buon ritmo, e da un certo punto in poi la portata degli eventi subisce un’impennata non da poco, quasi esponenziale. Sicuramente se avessi giocato a questo titolo da adolescente ne sarei rimasto estasiato. Da giocatore/lettore/spettatore navigato l’ho comunque apprezzato molto. Anche l’ambientazione affascina: Seiren è un’isola che presenta una moltitudine di paesaggi molto evocativi molto diversi tra loro, talvolta è la natura selvaggia a farla da padrone, talvolta c’è qualcosa che ha una propria storia da raccontare. Esplorarli è stato veramente un piacere, ma di questo ne riparliamo dopo.
Dicevo prima che il focus della serie è il gameplay, e in questo campo Lacrimosa of Dana non delude di certo, anzi, mi espongo con un’affermazione forte: secondo me si tratta del miglior action jrpg degli ultimi anni. Il combat system, assolutamente fluido, veloce e reattivo, combina con perizia alcune meccaniche difensive già viste altrove con l’utilizzo di una grande varietà di attacchi. In merito a questi ultimi, oltre agli attacchi standard (divisi a seconda del personaggio in slash, hit o shoot) avrete la possibilità di utilizzare 4 attacchi speciali alla volta, selezionandoli tra le varie skills che ogni personaggio potrà imparare, ognuna caratterizzata da diversi tempi di cooldown. Inutile specificare che le differenti tipologie di mosse sono più meno efficaci a seconda del nemico. Inoltre sono disponibili delle supermosse (una per personaggio), chiaramente molto potenti, attivabili una volta che verrà riempito il relativo indicatore, che si ricarica combattendo. Lo switch in combattimento tra i 3 membri attivi del party del avviene in tempo reale tramite la semplice pressione di un tasto, dando così al giocatore la possibilità di combinare come vuole i diversi attacchi dei personaggi. Tuttavia penso che ciò che renda veramente appassionante il combat system siano le dinamiche difensive, ovvero le Flash Move e le Flash Guard. Le prime sono esattamente la stessa cosa vista già in Bayonetta con il Witch Time: schivando gli attacchi all’ultimo secondo avrete a disposizione un breve lasso di tempo durante il quale voi sarete invincibili mentre i nemici si muoveranno in slow motion. Le Flash Guard invece si attiveranno nel momento in cui parerete un attacco al momento giusto, e ciò vi garantirà alcuni attimi di invincibilità e di colpi critici. La differenza tra la due meccaniche è che le flash move di base donano un periodo di invincibilità più lungo e sono meno rischiose da attivare (potreste schivare comunque il colpo senza attivarle), mentre le Flash Guard, oltra a durare di meno, rappresentano un danno sicuro nel caso in cui la parata non venga attivata col giusto tempismo. La buona notizia è che è possibile combinare insieme le due abilità difensive, cosa che dovrete imparare a fare se è vostra intenzione accingervi a completare il gioco a difficoltà elevate. L’apprendimento di queste tecniche di difesa unito alla memorizzazione dei diversi pattern di attacco dei molteplici nemici che incontrerete sul vostro cammino è stato davvero molto appagante, soprattutto durante le numerose boss fight che il gioco vi farà affrontare. Ci tengo a sottolineare che molte boss fight in YS VIII sono ottime, ma alcune sono fantastiche. Giusto un esempio: vi è una boss fight che coniuga il combat system del gioco con i principi dei bullet hell, con un nemico che sparerà proiettili a non finire, impossibili da evitare, e noi che a colpi di Flash Guard dobbiamo avvicinarci per colpirlo. Magari descritta così non rende, ma vi assicuro che è stata una battaglia epica. Tenete conto che la mia seconda run, quella su pc, l’ho completata a difficoltà Inferno, la più alta disponibile, ed è stata per me una delle più belle e appaganti esperienze di combattimento in ambito videoludico di sempre.
Passiamo all’esplorazione: sappiate che Seiren è l’ambientazione più grande mai vista nella serie, infatti YS VIII risulta anche il capitolo più longevo, una sessantina d’ore per completarlo (anche se ne ho passate molte di più per finirlo al 100% in modalità Inferno). Come già detto, tante sono le ambientazioni che andremo a perlustrare, con una progressione a volte semi libera, la quale prevede una spruzzata di Metroidvania, che male non fa. L’esplorazione resta comunque legata a doppio filo con il progredire della storia, ci sono alcuni punti obbligatori da passare prima di poter progredire, non certo un difetto in un titolo che non vuole essere un open world. Trovandoci su un’isola disabitata o presunta tale, al contrario di altri jrpg dove potete visitare villaggi e città, qui avrete come unico punto di riferimento l’accampamento che costruirete e amplierete grazie all’aiuto degli altri naufraghi che man mano incontrerete durante le vostre escursioni. Si respira molto la sensazione di far parte di un gruppo di sopravvissuti che cerca di fare di tutto per tornare alla vecchia vita. Guarda caso ogni NPC che salverete si rivelerà talentuoso in qualcosa di utile per lo sviluppo del vostro accampamento: dottori, fabbri, cuochi, sarti etc., insomma, non mancheranno le figure chiave per costituire una piccola comunità. A qualcuno sarà venuto in mente Suikoden, e direi che non ha tutti i torti. Durante la vostra avventura vi capiterà di dover tornare in fretta e furia al vostro accampamento per difenderlo da ondate di nemici, in eventi assimilabili ai musou, o allo stesso modo di andare a liberare dai mostri delle zone già esplorate dell’isola, talvolta anche in notturna. Ho sinceramente apprezzato queste variazioni sul tema, parecchio concitate e stimolanti da completare con il massimo grado (senza contare i premi considerevoli). Sicuramente meglio delle classiche side quest di alcuni giochi, tipo “Vai a cacciare 10 cinghiali perché ho fame” o “Raccogli 20 pelli perché ho freddo”. Altro “mini-game” è rappresentato dalla pesca, che solitamente non mi entusiasma in nessun gioco, ma qui l’hanno resa veloce (questione di secondi) e da sempre qualcosa di utile; in questo modo sono riuscito ad apprezzata.
Un’altra importante freccia all’arco di Lacrimosa of Dana è il comparto sonoro: Nihom Falcom nel suo piccolo è famosa per le OST rock/metal/sinfoniche composte dal sul team dedicato, la J.D.K. band. E’ vero che con me giocano in casa, ho sempre amato questo tipo di musica, ma oserei dire che, a meno che proprio non si odi il genere, è difficile non galvanizzarsi con l’ascolto dei brani che vi accompagneranno durante le sessioni a YS VIII. Pensate anche solo alla musica che vi farà da sottofondo durante la primissima esplorazione della spiaggia dell’isola, Sunshine Coastline: già solo questo pezzo riesce a trasmettere “avventurosità” a livelli incredibili, impossibile non esaltarsi.
Io do moltissima importanza alle OST nei giochi, mi cambiano completamente la prospettiva di quello che vedo a schermo. Lacrimosa of Dana anche sotto questo aspetto mi ha stregato, e personalmente continuo anche a distanza di anni a risentirmi i brani di questa OST, un lavoro davvero eccellente.
Noterete che su Steam, rispetto al suo seguito (che non ho ancora giocato), Lacrimosa of Dana presenta un positive rate inferiore nelle valutazioni, circa 10 punti percentuali in meno, assestandosi sull’86% di recensioni positive sul totale. Questo è dovuto quasi esclusivamente al fatto che la conversione per pc presentava al lancio problemi, bug, crash e quant’altro, risolti solo nei mesi successivi. Ora è tutto sistemato e perfettamente giocabile, anzi, ormai grazie al pack di texture HD la versione pc è diventata quella migliore, ma la frittata ormai era già stata fatta, vi chiedo solo di considerare il momento in cui è stata fatta una recensione se volete leggervi altri pareri, perché di problemi tecnici non ce ne sono più da anni ormai.
Quindi in estrema sintesi cosa ha reso speciale per me YS VIII: Lacrimosa of Dana? Tre cose: combat system godurioso, OST stellare e… Dana, personaggio adorabile. Non fossilizzatevi sull’arretratezza grafica, così facendo rischiate di perdervi quella che anche voi potreste ritenere una delle più belle perle videoludiche degli ultimi anni.
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