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Tekken 5 - Retroperle

  • Xenorik
  • 8 gen 2022
  • Tempo di lettura: 12 min

Aggiornamento: 10 gen 2022


C’è stato un tempo in cui erano i picchiaduro la ragione per la quale compravo una console. Street Fighter II mi ha fatto acquistare lo Snes, Tekken la prima Playstation, SoulCalibur il Dreamcast. D’altra parte negli anni ’90 il picchiaduro ad incontri era uno dei generi di punta, che più di altri faceva anche da showcase grafico, ed era gettonatissimo sia in sala giochi, dov’è nato, sia a casa. La parte del leone nella prima metà di quel decennio l’hanno fatta Capcom, SNK e Midway, mentre col l’avvento della grafica tridimensionale la palla è stata passata a Sega e Namco, anche se i picchiaduro 2D non hanno certo cessato di esistere, anzi, da un po’ anni sono tornati molto in voga.



Sta di fatto che a metà anni ’90 io e i miei amici, appena entrati nell’adolescenza, ci trovammo davanti al cabinato di Tekken della Namco, e l’impatto fu devastante. Abituati quasi esclusivamente alla grafica 2D, la vista dei personaggi di Tekken in movimento ci aveva lasciato a bocca aperta. Mai viste movenze così fluide, poligoni così dettagliati, per non parlare degli spostamenti della telecamera... ricordo perfettamente di aver sgranato gli occhi nel momento in cui ho visto la prima proiezione, durante la quale la telecamera cambiava prospettiva. Posso immaginare che per chi non abbia vissuto l’evoluzione dei giochi in quegli anni questa possa essere la cosa più banale del mondo, la telecamera che cambia prospettiva durante l’azione, e che sia difficile capire lo stupore che provammo noi ragazzi dell’epoca, ma vi assicuro che fu come vedere di colpo il futuro, roba da “d’ora in poi non sarà più la stessa cosa”.

E infatti così è stato, l’utilizzo della grafica poligonale si è rivelata una rivoluzione che ha cambiato tutto, e viverla è stato uno dei momenti più entusiasmanti della mia “carriera” da videogiocatore. Piccola precisazione: come tutti i ben informati sanno, Tekken non è stato il primo picchiaduro tridimensionale, quello è stato Virtua Fighter, ma dalla mie parti non si è mai visto il cabinato del titolo Sega, quindi è stato il titolo Namco a battezzarci in sala giochi.

Già dopo la prima sessione di Tekken il mio pensiero fu immediatamente “Lo voglio a casa, costi quel che costi”. E sarebbe costato in effetti tanto, non a me direttamente, ma a quel santo di mio nonno, che dopo mesi di mia campagna pubblicitaria, il successivo Natale mi regalò la PS1 e una nuova tv (quella che avevo in camera non aveva la presa Scart). Davvero grazie ancora nonno. Però come ho detto, erano passati mesi da quando avevo giocato per la prima volta a Tekken in sala giochi e nel mentre era già uscito su Playstation Tekken 2, di cui avevo letto e stra-riletto la recensione sula rivista Game Power (voto 97%), quindi optai per l’acquisto del secondo capitolo. Beh, Tekken 2 si rivelò meraviglioso, meglio del primo (che a conti fatti era comunque un gioco ancora acerbo) su tutti i fronti, e ci giocai tanto, tantissimo. Una valanga di personaggi fighissimi, ognuno con un incredibile numero mosse per l’epoca, spettacolarità a volontà, musiche evocative (per me le migliori di qualsiasi altro gioco della saga) e stage bellissimi… era un sogno.

Non solo era graficamente identico alla controparte per sala giochi, ma tra filmati e modalità aggiuntive era pure meglio. Credo di aver smesso di giocare a Tekken 2 tutti i giorni solo con l’arrivo di Soul Edge/Blade, altro picchiaduro Namco, ma questa è un’altra storia. Quando venne lanciato Tekken 3 non aspettai la versione europea (ai tempi tra le diverse versioni potevano esserci diversi mesi di differenza per il lancio sul mercato) e puntai direttamente a quella giapponese, mettendomi così alle spalle anche bande nere e velocità di aggiornamento inferiore, difetti di cui le conversioni da NTSC a PAL soffrivano (se non sapete di cosa sto parlando, googleate e troverete tutto facilmente). Il terzo capitolo, da tanti il più amato, era semplicemente stratosferico, e quanto meglio si potesse fare su PS1. Giocabilità ulteriormente arricchita, più tridimensionale grazie agli spostamenti laterali, nuovi personaggi e sempre più stili di combattimento, nuove modalità (Tekken Force e Tekken Ball), graficamente il top della categoria su Playstation e non solo.

Anche qui la storia si ripete: gioco a Tekken 3 tutti i giorni e solo con l’arrivo di SoulCalibur su Dreamcast mi “calmo” (o meglio passo ad altro). Uscì in seguito la Playstation 2, e uno dei primi titoli è Tekken Tag Tournament, gioco che però io, non essendo stato tra i primi acquirenti della console, saltai. Presi la PS2 solo un paio di anni dopo l’uscita, quando in giro c’era già Tekken 4, che ovviamente acquistai. Ecco, questo è stato il primo capitolo della saga che mi ha fatto un po’ storcere il naso. Dopo la sontuosa, ineccepibile prestazione di Namco con la versione Dreamcast di SoulCalibur, mi aspettavo tanto, veramente tanto da Tekken 4. Già Il primo impatto non fu come immaginavo: il biglietto da visita, ovvero la grafica, era sì molto pulita, ma anche troppo piatta e non così particolareggiata come speravo, ad andarci più duro la definirei un po’ smorta. I personaggi inediti mi piacevano pure eh, ed è interessante l’aggiunta di interattività con determinati elementi degli stage, che questa volta non erano più senza limiti. Per sfruttare maggiormente questa nuova feature venne introdotta anche la possibilità di fare una presa che non fa danno, ma che scambia le posizioni tra i due combattenti (per esempio per uscire da una situazione “spalle al muro”). Purtroppo però questa nuova meccanica non è stata implementata al meglio, non si amalgamava bene con il gameplay di Tekken, limitava la manovrabilità dei personaggi, e infatti non è stata cosa gradita da molti fan, me compreso. Un’altra scelta che sinceramente non mi ha entusiasmato è quella di rimettere Heihachi come boss finale. Lo era già stato nel primo Tekken, farglielo fare ancora fare nel quarto mi è sembrato ridondante, considerando che è sempre il solito Heihachi, neanche una variante potenziata o chicchessia.


Quindi stavolta non giocai a Tekken 4 tanto quanto i suoi predecessori, ma per fortuna Namco con il seguito ritornò su quella che per me era la retta via. Anche perché su PS2, con un Virtua Fighter 4 davvero bellissimo (pure nella sua versione Evolution) la concorrenza si era fatta spietata.

Tekken 5 uscì su PS2 nel novembre 2004 e qualche mese dopo anche nel resto del mondo. E questa volta Namco non sbagliò praticamente nulla.

Nuovo motore grafico, che riporta Tekken ai vertici in questo campo con personaggi vivi, espressivi e modellati ottimamente, texture dettagliatissime per l’epoca e sfondi pieni di particolari ed effetti. Come gameplay si riparte dalla traccia lasciata da Tekken 3 e la si amplia, senza snaturare niente di quanto fatto in passato. Il numero di mosse per personaggio viene ulteriormente esteso, la mobilità è più fluida grazie anche ad animazioni perfezionate e in generale tutto sembra una versione migliorata del terzo capitolo. Gli stage tornano a non avere più “ostacoli”, ma presentano comunque quasi sempre dei limiti, dei muri.

Il roster è il più vasto mai visto fino ad allora nella serie: non manca quasi nessuno dei personaggi dei precedenti capitoli, inoltre abbiamo ottime new entry (tra le quali non ho contato Jack-5 e Roger Jr, che sarebbero tecnicamente nuovi personaggi, ma in pratica non lo sono):


Raven


Un ninja ispirato a Blade. Immagino che, siccome i principali rivali di Tekken presentavano dei ninja (Virtua Fighter Kagemaru e Dead or Alive Ryu Hayabusa), alla Namco non stava bene che nel loro picchiaduro non ce ne fosse uno (Yoshimitsu lo vedo più come un samurai mentre Kunimitsu sembra una ninja, o meglio una kunoichi, ma in Tekken 5 comunque non è presente). Raven non è immediatissimo da usare, tra balzi e saltelli, ma può diventare molto fastidioso per l’avversario proprio grazie alla sua mobilità poco prevedibile. Un personaggio decisamente cool, ma questo era ovvio dato che i ninja per forza di cose sono cool


Feng Wei

Perché in Tekken mancava anche il monaco guerriero. A quanto pare Virtua Fighter 4 deve essere piaciuto molto anche ai signori che lavoravano in Namco, immagino che da Lei-Fei (il monaco introdotto in Virtua Fighter 4) a Feng Wei il passo sia stato breve. Combattente pericoloso in abili mani, può rifilare alcune combo davvero toste da evitare e che producono grandi danni. Non originale, ma mi piace.


Asuka Kazama

Già dal cognome dovrebbe suonarvi un campanello. Asuka in pratica è Jun di Tekken 2, rivista e ampliata. Solo che invece di sembrare una moderna principessina Disney giapponese è una semplice adolescente. Semplice si fa per dire, visto che mena come un fabbro. Non sono mai stato un grande fan dello stile Kazama, una specie di miscuglio tra Karaté, Jujutsu e Aikido, infatti non è un personaggio che tendo a scegliere spesso, ma è indubbia l’efficacia di alcune mosse di Asuka


Devil Jin

Vi ricordate com’era Jin in Tekken 3? Ecco prendete quel personaggio, aggiornate il moveset prendendo anche un paio di mosse da Devil di Tekken 2, e avrete Devil Jin. E’ fico, è forte, è bastardo quando vuole… avrebbe potuto benissimo essere il boss finale del gioco. E invece riveste solo la carica di semi-boss. E chi sarà mai il boss?


Jinpachi Mishima

Il padre di Heihachi, il nonno di Kazuya, il bisnonno di Jin. E‘ peculiare che i protagonisti di Tekken, i membri della famiglia Mishima, non siano altro che un manipolo di stronzi, chi più, chi meno. Jinpachi, un probabile plurivincitore di Mr Olympia nel passato, che noi sappiamo essere ormai un vecchietto posseduto da una forza demoniaca, trasmessa poi alla sua progenie, Heihachi a parte (che comunque qualcosa di non umano deve avercelo visto che può resistere pure ai bombardamenti senza subire un vero danno), per me ha tutto quello che dovrebbe avere un boss finale di un picchiaduro: aspetto intimidatorio che sprizza potenza, grande portata d’attacco, buona velocità di esecuzione e parco mosse devastante, quasi al limite dello scorretto. Questo sì che è un boss memorabile, impegnativo, che non sarete mai sicuri al 100% di sconfiggere ogni volta. In più non è selezionabile, particolare che lo rende ancora più “boss”.


Tante le modalità disponibili in questo capitolo, eccovi la carrellata:


Story Battle: con questa modalità potete affrontare il torneo con uno dei personaggi e scoprire il suo finale. I filmanti conclusivi dei vari personaggi sono sempre stati uno dei fiori all’occhiello di Tekken, e il 5 non fa eccezione: si passa dal tragico allo spirituale, dal serio all’esilarante, e la qualità è sempre ottima. Il quarto e il settimo combattimento sono solitamente preceduti da un breve siparietto che serve ad approfondire la storia, creata con l’engine di gioco, l’ottavo incontro è quasi sempre contro Devil Jin mentre il nono è quello finale con Jinpachi.


Arcade Battle: ancora una volta si fa sentire l’influenza di quanto fatto da Sega con Virtua Fighter 4. Questa modalità simula l’esperienza agonistica che avviene nelle sale giochi, almeno quelle giapponesi, dove è possibile crearsi un profilo e vincere sfide per guadagnare titoli sempre più prestigiosi, che rappresentano la bravura del giocatore. Il ranking system prevede ben 26 titoli, dal Beginner al Tekken Lord, e scalare la classifica con un personaggio (ognuno ha ranking separati, quindi sotto lo stesso profilo potete avere diversi personaggi con titoli differenti) sarà un’impresa non certo breve, soprattutto perché più salirete di livello, più vittorie serviranno per essere promossi. Riuscire a far raggiungere a un personaggio il titolo di Tekken Lord significa che potete darvi da solo una bella pacca sulla spalla.


Time Attack: è come lo Story mode, sebbene senza siparietti e filmati, ma con un contatore del tempo. In pratica si tratta dell’esperienza single player che viene proposta in sala giochi. Non l’ho utilizzata molte volte questa modalità, è che mi piace vedere i filmati.


VS Battle: lapalissiano, si combatte contro un avversario umano in sfide 1 vs 1. Nonostante sia la modalità multiplayer per eccellenza, in Tekken 5 l’ho usata poco, continuate a leggere per scoprire il perché.


Team Battle: mi sono accorto che molti tendono a snobbare questa modalità, invece per me è sempre stata quella più utilizzata per le sfide con gli amici. Ogni giocatore ha a disposizione una schiera composta fino ad un massimo di 8 personaggi, chi vince una sfida passa alla prossima con lo stesso combattente senza che gli si ricarichi l’energia, e si va avanti così finché uno degli sfidanti non finisce tutti i suoi personaggi. Di solito con gli amici si facevano sfide 8 vs 8 selezionando i personaggi a caso. Bei tempi.


Survival: Con un personaggio dovete affrontare un numero infinito di nemici, via via sempre più forti. Tra un combattimento e l’altro la vostra barra dell’energia si ricaricherà solo di una piccola frazione. Una delle modalità più indicate se volete mettervi alla prova. E’ anche la via più veloce per ottenere il denaro nel gioco, necessario per gli acquisti nel Customize mode.


Pratice: modalità con la quale potrete impratichirvi con ogni personaggio, sperimentando tutte le loro mosse contro avversari inermi o in movimento. Indispensabile per imparare ad utilizzare i combattenti al meglio.


Devil Within: un vero gioco nel gioco, che va soppiantare il Tekken Force del terzo e del quarto capitolo. Si tratta di un action/beat’em’up a scorrimento in cui impersonate Jin, il quale cercherà di fare luce sul gene del diavolo, maledizione (o benedizione?) della famiglia Mishima. Analizzato per quello che è, ovvero un minigioco, Devil Within si rivela piuttosto impressionante, non complesso ma neanche semplicistico, e dotato di una buona giocabilità e longevità. Secondo me meglio dei precedenti Tekken Force.


Arcade History: grazie a questa modalità potrete giocare alle versioni da sala giochi dei primi tre Tekken e a StarBlade, sparatutto spaziale in 3D, lo stesso che viene utilizzato durante il caricamento di Tekken 5. Gran bell’aggiunta.


Theatre: qui potete visualizzare tutti i filmati relativi ai vari personaggi con cui avete finito lo Story mode, oltre a poter ascoltare la colonna sonora.


Customize: sempre come in Virtua Fighter 4, avrete la possibilità, pagando denaro virtuale guadagnato giocando alle varie modalità, di comprare oggetti, costumi e colori per personalizzare ogni combattente. Alcuni oggetti costano una cifra, se avete in mente di sbloccare tutto preparatevi al farming intensivo.



Sicuramente alcuni di voi non avranno potuto fare a meno di farsi questa domanda: ma l’online? L’online in Tekken 5 non c’è, è un gioco completamente votato al single player e al multiplayer locale. L’online sarebbe arrivato con i capitoli successivi. Immagino che ormai per tantissimi utenti il connubio tra picchiaduro a incontri e modalità online sia imprescindibile, ma io sono uno di quei giocatori che invece preferisce esperienze in single o in multi locale, anche nei picchiaduro. E’ per questo che negli ultimi anni ho amato molto i recenti Mortal Kombat, o anche Smash Bros: contenuti in abbondanza per tutti i gusti, sia single che multi. Invece con i Tekken più recenti il focus si è spostato troppo verso le modalità online per i miei gusti, trascurando l’esperienza in singolo. Non che Tekken 6 o 7 non abbiano previsto delle modalità in tal senso, solo che non mi sono piaciute un gran ché, tutta roba che mi ha lasciato l’amaro in bocca. Mi sarebbe bastato uno Story mode come quello del 5, in fondo semplice, ma così non è stato.

Non ho nemmeno gradito le “snaturazioni” di gameplay che ho trovato nell’ultimo capitolo. Per esempio le Super per me non ci azzeccano col gameplay di Tekken: troppo facili da attivare e danni troppo ingenti, sbilanciano tutto. E poi le “supermosse” nella saga erano già presenti, le “imparabili”, devastanti ma lente, sono sempre state quelle le Super di Tekken secondo me. Inoltre inserire Akuma/Gouki, un personaggio di Street Fighter, non come semplice guest star, bensì come personaggio con un ruolo importante nella storia, boh, non mi è andata giù, mi scompensa. Già io non amo troppo le guest star nei picchiaduro (giochi come Smash Bros non rientrano in questo ragionamento perché di base sono già una sorta di multiverso), addirittura utilizzarlo nella lore… ripeto, parere personalissimo, ma boh.

Quindi alla fine per ripagare la mia voglia di Tekken mi sono guardato indietro, andando a ripescare il gioco che reputo il più completo della serie rispetto alle mie esigenze e preferenze. Toh, avrei potuto buttarmi anche sul Tag Tournament 2, quello che considero il migliore del periodo post Tekken 5, però non ho resistito al fascino del mio capitolo preferito.

Come si presenta Tekken 5 al giorno d’oggi? Quello che è stato uno dei giochi graficamente migliori su PS2, tirato a lucido fa ancora adesso il suo sporco lavoro. Giocato su PCSX2 in 4K, applicando una mod per il widescreen e per deblurrare la grafica, Tekken 5 tuttora restituisce una certa spettacolarità, nonostante evidenti limiti, come una certa slavatura delle texture. Nel complesso però ci troviamo di fronte ad un titolo invecchiato decisamente bene, che non sfigura affatto sui nuovi pannelli in alta definizione. L’art direction poi è una delle migliori della serie, amo lo stile dei personaggi e degli sfondi, i filmati sono sempre bellissimi, quindi ribadiamo che da questo punto di visto Tekken 5 è da considerarsi promosso.

Il comparto sonoro presenta alcuni pezzi interessanti, anche se bisogna ammettere che in questo campo non vengono raggiunti i fasti di Tekken 2. Considero comunque l’ost di Tekken 5 di buona fattura, decisamente migliore rispetto a quelle dei capitoli più recenti. Gli effetti sonori e le voci, beh, non cambiano mai, quindi nulla da segnalare.

Però i due aspetti che indubbiamente mi hanno fatto riprendere in mano Tekken 5 sono la giocabilità e le modalità. Il gameplay di questo capitolo è quello che per me incarna al meglio lo spirito originale della saga, è il fulcro di un percorso di miglioramento continuo, che però non tradisce le origini. Alla fine Tekken, come Virtua Fighter, era nato con il concept di essere un picchiaduro dal feeling più realistico rispetto ai giochi precedenti appartenenti allo stesso genere. Non voleva essere una simulazione, ma voleva far percepire ai giocatori un certo tipo di realismo che prima di allora non era mai stato raggiunto. Quindi raggi di energia, pugni infuocati e proiettili magici ridotti ai minimi termini in favore di stili di lotta, pur con licenze poetiche, più realistici, ispirati alle vere arti marziali. Non mancano personaggi sopra le righe (in questo comparto Virtua Fighter è sempre stato più sobrio) ma anche se combatteremo contro un orso o un canguro, questi non potranno utilizzare colpi energetici, che sono mosse speciali riservate a solo 2 dei 32 lottatori del roster. E soprattutto non ci sono le facilissime supermoves di Tekken 7, che come detto prima per me già da sole rovinano il gameplay di Tekken.

Le modalità di Tekken 5 poi, incentrate molto sul gioco in singolo, sono per me una manna dal cielo, io che in tutti i picchiaduro dopo 5-10 combattimenti in modalità versus online mi annoio, chiudo e non riapro più. Mi dispiace solo che non sia stato inserito il Tekken Ball, perché mi ci ero divertito non poco in Tekken 3. In ogni caso con tutte le modalità disponibili, direi che c’è poco da lamentarsi.

Tirando le somme, rispolverare Tekken 5 per me ha senso se siete un certo tipo di giocatore, cresciuto come il sottoscritto con i picchiaduro giocandoli soprattutto in single player. Detto papale papale, piuttosto di spendere tempo con l’online, io mi butto su un altro gioco single player, son fatto così, ad ognuno il suo.

E Tekken 5 è roba per me, assolutamente.


Bonus: eccovi un video che mostra la bontà di Tekken 5 su PCSX2. Alla prossima retroperla.



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