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SoulCalibur 3 - Retroperle



SoulCalibur è un’altra di quelle serie che suscita in me cari ricordi. Ai tempi della prima Playstation leggevo svariate riviste sui videogiochi, quando incappai negli articoli a proposito di Soul Edge (Soul Blade per il mercato occidentale), picchiaduro all’arma bianca by Namco, rimasi molto colpito dalle recensioni, che ne elogiavano praticamente ogni aspetto.


Ero indeciso se comprarlo subito, d’altra parte in quel periodo ero ancora in piena fase Tekken 2, ma alla fine appena l’ho vidi nel maggio 1997 sugli scaffali non resistetti. E devo dire che con Soul Blade fu amore fin dal primo istante. La coloratissima grafica mi ammaliava, con quei personaggi molto grandi e dettagliati, gli sfondi anch’essi bellissimi e tridimensionali (in Tekken erano in 2D), le scie delle armi con effetti di trasparenza lasciavano a bocca aperta, c’era persino il ciclo giorno-notte. Sul fronte giocabilità venivano presentate alcune soluzioni mai viste prima, con attacchi divisi in orizzontali/verticali/calci, durabilità delle armi, parry e altro; a completare il quadro musiche meravigliose e il filmato introduttivo il più fico di tutti i tempi. Primo impatto stratosferico. Ma il bello è che il gioco aveva molto da offrire anche sul lungo periodo, grazie alle tante modalità, soprattutto la mitica Edge Master Mode, che permetteva al giocatore di vivere le storie dei vari combattenti completando sfide speciali in giro per il mondo e guadagnando diverse armi dalle stats uniche, che andavano a variare il gameplay. In sostanza Soul Blade era diventato il mio picchiaduro preferito. Poi arrivò Tekken 3, ma nonostante ciò non accantonai mai Soul Blade, perché risultavano essere abbastanza diversi da poterli alternare.


A fine 1999 venne SoulCalibur, di fatto il gioco che, da solo, mi fece comprare il mai troppo lodato Dreamcast.


Il balzo dal primo al secondo capitolo fu semplicemente incredibile, sia nella grafica, che all’epoca guardava dall’alto verso il basso qualsiasi altro videogioco esistente, che nella giocabilità, molto più fluida e libera di prima, che nel roster, praticamente raddoppiato. Tutte le modalità tornano in pompa magna, l’unica “pecca” che mi un po’ mi bruciava era la mancanza delle armi speciali da guadagnare, ma per contro questa assenza rendeva e rende ancora oggi SoulCalibur probabilmente il titolo più bilanciato della serie, a mio parere. Essendo stato uno dei quattro gatti a possedere il Dreamcast, quando mostravo SoulCalibur a chi aveva “solo” la PS1, ne vedevo brillare gli occhi, e io me la sogghignavo.


Il seguito, SoulCalibur 2, uscì nel 2003, per la prima volta come gioco multipiattaforma.


La differenza principale tra le versioni, a parte piccoli dettagli grafici, era il personaggio bonus esclusivo, Heihachi su PS2, Link su Gamecube e Spawn su Xbox. Io, che non sono troppo amante delle guest star nei picchiaduro, ho optato per la versione Gamecube, reputavo Link un personaggio più in linea con la serie rispetto agli altri (perché sì, avevo tutte e tre le console). Devo dire che SoulCalibur 2 non mi fece di certo l’effeto “Wow” dei primi due capitoli: nonostante l’aggiunta di nuovi personaggi, il ritorno delle armi speciali e una grafica sempre al top, mi aspettavo qualcosa di più, è come se avesse un po’ meno personalità in confronto alle prime due uscite. Non fraintendetemi, lo reputavo e lo reputo un grandissimo picchiaduro, solo che non è stato per me d’impatto come i titoli precedenti. Probabilmente questo è successo anche a causa delle altissime aspettative che nutrivo nei confronti di questo capitolo. In ogni caso mi sono sviscerato per bene anche SoulCalibur 2, il quale, ribadisco, non ho assolutamente trovato deludente, solo non innovativo.


Passa il tempo, e verso la fine del 2005 uscì SoulCalibur 3, come esclusiva su PS2.


Stavolta ci sono andato più cauto con le aspettative, memore del precedente capitolo, ma con mia lieta sorpresa ho successivamente realizzato di avere a che fare con il gioco più ricco e completo di tutta la serie. In prima battuta, l’impatto grafico: sebbene SoulCalibur 3 girasse sullo stesso hardware del 2, l’incremento nel dettaglio di personaggi e sfondi fu davvero notevole, veramente uno dei giochi che più ha spremuto la PS2. Splendida anche l’art direction, probabilmente la mia preferita della serie.


Il roster fu ulteriormente ampliato con alcune ottime nuove aggiunte, che andiamo a vedere:


Zasalamel

Di fatto il nuovo antagonista principale. Il suo aspetto è quello di un uomo alto, coperto da lunghe vesti, con un occhio dorato. Brama il potere delle spade che danno il nome al gioco per poter finalmente… morire. Sì, perché Zasalamel è uno stregone che anni fa grazie a un rito magico è riuscito ad ottenere l’immortalità, per poi rendersi conto di quanto un’esistenza del genere non abbia senso. Un background particolare, non c’è che dire. Questo personaggio utilizza come arma una falce, che gli permette un allungo notevole, ma anche nella breve distanza può essere pericoloso.


Abyss

Come quando in Soul Blade Cervantes si trasformava in Soul Edge, qui Zasalamel, dopo aver assorbito il potere delle spade leggendarie, si trasforma in Abyss, che altro non è che una versione demoniaca e potenziata del suo personaggio, boss finale di SoulCalibur 3, con mosse esclusive molto pericolose, di cui non fa economia. Il suo obiettivo dovrebbe essere la propria sopravvivenza a fronte della distruzione di tutto e tutti, ma non può sapere se uno stralcio di coscienza di Zasalamel sia ancora presente. Piuttosto terrorizzante anche l’aspetto.


Tira

Un’assassina, servitrice della Soul Edge. A vederla sembra un’artista circense, con un modo di fare un po’ pazzoide. Il suo obiettivo è la distruzione della Soul Calibur, l’unica arma in grado di distruggere la Soul Edge, inoltre è alla ricerca di un corpo dove poter far reincarnare lo spirito demoniaco della spada maledetta. La sua arma è una grande lama circolare che viene fatta volteggiare con velocità e destrezza, rendendola una combattente a volte imprevedibile.


Setzuka

Una guerriera in cerca di vendetta. Trattasi di una donna bellissima, apparentemente innoqua, che gira con un piccolo ombrello. Non è interessata alle spade leggendarie, lei vuole solo la morte del samurai che ha ucciso il suo maestro e benefattore. Heishiro Mitsurugi è il nome dell’assassino che va cercando. La usa arma è una lama corta che esce dal suo ombrellino, con la quale mette a segno colpi secchi e velocissimi. Quando un suo colpo va in porto diventa molto difficile evitare le sue successive letali pugnalate.


Olcadan

Il maestro d’armi che sa usare tutte le tecniche di combattimento degli altri personaggi, come già faceva Edge Master nei SoulCalibur precedenti. Il suo costume principale, un po’ eccentrico, lo ritrae con zampe e testa da gufo, per via di una maledizione. Il suo obiettivo è diventare il più grande combattente di tutti i tempi. Utilizzando tutte le armi degli altri combattenti cambiandole a ogni round, occorre avere una grande conoscenza del gioco per utilizzare bene Olcadan, ma anche per fronteggiarlo.


Night Terror

La forma materiale dell’essenza demoniaca della Soul Edge, nonché vero boss finale del gioco. Si mostra con un grande demone alato, armato di uno spadone gargantuesco. Il male impersonificato, in pratica. Possiede colpi micidiali, se non si presta la massima allerta è facile venire spazzati via dalle sue combo. E’ possibile combatterlo solo se si riesce a completare un determinato percorso nella modalità “Storie di anime e spade” senza mai perdere un incontro. Non è un personaggio selezionabile.


Oltre ai personaggi del roster ufficiale, troviamo a disposizione una miriade di personaggi “speciali”, che portano il numero di combattenti selezionabili a 42. Aggiungiamo pure 10 personaggi non giocabili, giusto per rimarcare l’incredibile quantità di contenuti di questo capitolo.


Però in verità non il considerevole numero di personaggi l’aspetto più impressionante di SoulCalibur 3, bensì le numerose e profonde modalità di gioco, che di seguito vado ad elencare e descrivere nel dettaglio.


Storie di anime e di spade

Raccoglie l’eredità della modalità Edge Master, in cui viene raccontata la storia di ogni membro del cast. Non si tratta di una semplice sequenza di battaglie anticipate da una descrizione testuale, ma ci troveremo di fronte a vari bivi, sbloccabili anche a seconda dell’esito dei combattimenti, che ci porteranno verso scenari e finali diversi. Per ogni personaggio i bivi da scoprire sono parecchi, già solo per completare al 100% questa modalità occorrono decine di ore. A condire il tutto, regole speciali per alcuni scontri e talvolta QTE pre-battaglia. Molto gradito il ritorno di dei finali animati e interattivi.


Cronistorie della spada

Un vero gioco nel gioco, che mischia battaglie tattiche campali a duelli tra personaggi. Immaginatevi un RTS in cui dovete controllare le vostre truppe e, nel momento in cui si ingaggia battaglia, lo scontro viene presentato come un picchiaduro, il tutto corredato da una trama e da personaggi che non sfigurerebbero in un gioco di ruolo. Il protagonista che andremo a impersonale va creato da 0 con l’apposito editor (di cui parleremo tra poco). Una modalità davvero impressionante nel suo essere un sotto-gioco, neanche breve viste le 12-15 ore necessarie per portarla a termine. Una vera perla.


Creazione personaggi

Novità introdotta in questo capitolo, la possibilità di creare dei propri personaggi originali, customizzando il loro aspetto grazie a tantissimi tipi di accessori diversi. Ciò che rende grandioso questo editor è la scelta della classe da assegnare ai personaggi che andremo a creare: sono disponibili fino a 13 classi diverse e, udite udite, ogni classe ha un proprio arsenale d’armi e moveset originale. Sì, avete capito bene, i personaggi creati con l’editor non condividono (almeno inizialmente) i moveset con i già numerosi personaggi del roster ufficiale, avendo così a disposizione una varietà davvero immensa di stili di combattimento nello stesso gioco. Ogni classe ha poi un livello di esperienza (aumentabile nella modalità Cronistorie della spada), con l’aumento del quale viene data la possibilità di utilizzare altri tipi di armi oltre a quelle “iniziali” (con relativi moveset dedicati), comprese le armi dei personaggi del roster. Veramente tanta carne al fuoco.


Competizione mondiale

Una sorta di simulazione di tornei tra giocatori, solo che i giocatori sono fittizi e controllati dalla cpu, come similmente già visto nelle serie Virtua Fighter e Tekken. In questo caso potremo partecipare a tornei a eliminazione diretta o a campionati a punti, e in entrambi i casi dovremo avere la meglio su 7 avversari. Per completare questa modalità occorrerà vincere 12 tornei/campionati di fila, senza la possibilità di poter salvare tra una competizione e l’altra. Si tratta di 84 combattimenti ai meglio dei 3 round, una sessione di gioco non certo breve, siete avvisati.


Arena delle Anime

In questa modalità ci sono presenti due opzioni:

Partita veloce: sarebbe il caro e vecchio Arcade Mode dei tempi andati, in cui scegliete un personaggio per affrontare 8 avversari, l’ultimo dei quali è Abyss


Missioni: 12 diverse sfide in cui ci verrà richiesto di sconfiggere vari avversari seguendo delle regole speciali. A secondo del risultato verrete premiati con dei trofei di bronzo, d’argento o d’oro. Ottenere tutti gli ori a livello facile è una passeggiata, a livello normale può essere impegnativo, a livello difficile è un incubo.


In particolare non posso non citare la missione Survival a livello hard, 100 combattimenti da affrontare con una sola barra di energia, che sì si ricarica tra un combattimento e l’altro, ma più si avanza e meno lo fa, fino ad arrivare a non ricaricarsi quasi per nulla. Se puntate all’oro in questa missione, la più difficile del gioco, vi consiglio di guardare questo video, che immortala la mia impresa:


Allenamento

Il punto d’inizio per i novizi, che grazie a questa modalità potranno imparare i rudimenti fondamentali. E’ presente un tutorial che guida passo-passo i giocatori, l’allenamento libero per sperimentare a piacimento le diverse combinazioni e un glossario che spiega il significato dei termini e dei concetti del gioco.


Museo

Artwork, filmati, profili dei personaggi, descrizioni degli stage, esibizioni delle mosse etc. Tutta roba sbloccabile giocando.


Versus

Immancabile modalità per sfidarsi tra amici, dove è possibile selezionare qualsiasi personaggio e armamento sbloccato, modificare le regole dello scontro e anche caricare i personaggi custom del vostro amico se si è portato dietro la sua memory card.


Negozio

Tantissimi degli oggetti che sbloccherete saranno acquistabili nel negozio grazie alle monete che guadagnerete giocando. Si tratta di tantissima roba tra armi, vestiti, modalità e chi più ne ha più ne metta. Da questo punto di vista, che bella che era l’epoca pre-dlc a pagamento con soldi veri. Occorre parecchio tempo per sbloccare tutto, anche se alcune delle sfide più impegnative vi faranno vincere grandi somme.


Nessun altro capitolo della serie può vantare una tale mole di contenuti, penso che si contino sulla punta delle dita di una mano i picchiaduro che offrono una quantità (e una qualità) di attività in single player anche solo paragonabile a quanto quella offerta da SoulCalibur 3.


Andando ad analizzare il gameplay, Namco con questo capitolo ha portato avanti il proprio lavoro di perfezionamento: tutte le meccaniche precedenti (8-way run, guard crush, air control etc.) ritornano, i moveset vengono modificati e ampliati, viene aggiunta la presenza di arene con muri distruggibili, nuove mosse che possono stordire l’avversario, un nuovo tipo di guard impact “perfetto” ancora più efficace di quello normale. L’IA rispetto ai precedenti capitoli è molto meno permissiva, se restiamo troppo passivi e la lasciamo “boxare” rischiamo di prendere sberle facilmente, occorre quindi avere un approccio più aggressivo e una buona conoscenza dei personaggi per non soccombere. Una volta padroneggiato SoulCalibur 3, gli altri vi sembreranno fin troppo facili.


Come dicevamo prima, la grafica di SoulCalibur3 era lo stato dell’arte nel 2005, sia a livello tecnico che a livello artistico. La ricchezza di particolari, il design dei costumi, delle arene e l’effettistica utilizzata rendono questo capitolo una gioia da vedere, anche a distanza di anni. Grazie all’emulazione possiamo dare nuovo lustro alla grafica dei vecchi giochi, e considerando che SoulCalibur 3 non ha mai ricevuto una versione HD ufficiale, il PCSX2 (l’emulatore della PS2) resta l’unico vero modo per giocarsi questo titolo su uno schermo ad alta definizione.



Nota positiva anche per le musiche, davvero molto buone, anche se devo ammettere che le OST di Soul Blade e del primo SoulCalibur erano di un altro livello, decisamente più incisive e memorabili. Però non prendetelo come un difetto, la OST di Soulcalibur 3 presenta dei gran bei pezzi e la qualità media è alta, solo che non è, per così dire, la prima della classe.


Di recente ho scoperto che SoulCalibur 3 non viene visto di buon occhio dalla comunità dei pro-player per via di alcuni glitch che minano il gioco a livello competitivo. Il principale problema deriverebbe dal fatto che sia possibile, eseguendo l’opportuna sequenza di tasti al momento giusto, cancellare i tempi di recupero di una mossa iniziata, dando così la possibilità di concatenare attacchi in modo “sleale”. Io da giocatore offline (tuttavia completista per quel che riguarda i contenuti single-player) non mi ero mai accorto di questa cosa. In ogni caso Namco qualche mese dopo l’uscita su PS2 di SoulCalibur 3 ha fatto approdare il titolo nelle salegiochi con una nuova versione riveduta e corretta, sottotitolata per l’occasione “Arcade Edition”. Quindi se siete dei pro-player potete giocarvi quest’ultima versione, se invece siete come me, la versione casalinga va benissimo.


In conclusione direi che SoulCalibur 3 rappresenta per la saga quello che Tekken 5 rappresenta la rispettiva serie: non è il capitolo della svolta, quello che ai tempi mi ha lasciato più a bocca aperta per lo stupore, ma è il punto di arrivo di un percorso di perfezionamento e arricchimento della formula di partenza, senza arrivare a stravolgerla. In altre parole, il meglio del meglio rispettando lo spirito originale della serie. L’apice, l’apoteosi. Dopodiché è iniziato per me il declino.


Tralasciando i vari spin-off, che non ho mai giocato, ritengo SoulCalibur 4 essere ancora un buon esponente della serie, presentando anche novità a me gradite (come le armature distruttibili). Tuttavia già da qui si iniziava a snaturare un po’ troppo il gameplay (per esempio ho sempre odiato l’introduzione delle “supermosse” nei picchiaduro Namco) oltre ad offrire una quantità di contenuti decisamente inferiore al 3. E, nota personalissima, i personaggi di Star Wars proprio non li digerivo in questo contesto, passare dal combattere in un castello a una nave spaziale mi scompensava, sarò fatto male io. Il successivo SoulCalibur 5, beh, ha quasi ucciso il brand, con le sue “scelte coraggiose” (come rimpiazzare un sacco di personaggi storici con nuovi combattenti che non avevano un quarto dell’appeal). Il sesto (o meglio settimo) e più recente capitolo, uscito per la prima volta anche su pc, sembra aver fatto risorgere la serie dalle sue ceneri, ma non aspettatevi un gioco del calibro del 3 in single player. Non che questo aspetto sia stato tralasciato, le modalità in solo sono presenti e sono anche piuttosto belline, ma assolutamente non al livello del 3. Ormai si va avanti a season pass e multiplayer online nei picchiaduro, ok, è così che va il mondo e molti ne sono felici, ma io preferisco i contenuti offline, anche nei picchiaduro a incontri. Per mia fortuna esiste ancora qualche mosca bianca, come i recenti Mortal Kombat e Smash Bros, e grazie a Dio esistono gli emulatori.


Ritornando a SoulCalibur 3, voglio chiudere così: anche se il brand dovesse morire, i vecchi capitoli sono sempre lì pronti a ricordarci quanto questa saga sia stata grande, e SoulCalibur 3 resta secondo me il capitolo che è invecchiato meglio. Non è quello a cui sono più legato a livello affettivo (in questo caso staremmo parlando di Soul Blade e di SoulCalibur), ma è quello che ritengo essere la punta di diamante della serie. E non sto parlando per ricordi, nel momento in cui scrivo ho da poco rigiocato e sviscerato SoulCalibur 3 in tutte le sue modalità, vincendo tutte le sfide con il miglior esito, in sintesi completandolo al 100%. Più di 100 ore di gioco. Per un picchiaduro in single player. Senza mai annoiarmi. Questo è SoulCalibur 3.


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