10 saghe (o non saghe) che vorrei rivedere sui nostri schermi
Qualche tempo fa avevo pubblicato un pezzo in cui elencavo 10 titoli di corse arcade mi piacerebbe rivedere sui nostri schermi:
Oggi vorrei parlare di altri 10 giochi dei quali amerei vederne il ritorno, tuttavia stavolta non apparterranno ad un'unica tipologia, bensì saranno tutti esponenti di generi diversi. Saghe lasciate a marcire o giochi one-shot che secondo me avrebbero meritato perlomeno un seguito. Ce ne sarebbero tanti, e credo infatti che questa sarà una prima puntata alla quale aggiungerò una seconda lista, magari pure una terza.
Breva nota: non troverete jrpg in elenco, semplicemente perché penso di fare una lista a parte inerente a questo genere, troppi i titoli importanti che altrimenti dovrei omettere, e non mi va.
Overlord
Definito da molti come un bizzarro incrocio tra Fable e Pikmin, nel 2007 Overlord ha fin da subito attirato la mia attenzione, con quel suo aspetto grottesco e colorato, ma soprattutto grazie alla sua vena ironica e parodistica.
Noi impersoniamo l’Overlord, il signore del male, il flagello dei regni, colui che comanda legioni di orripilanti servienti goblin per conquistare il mondo. Il gameplay è appunto simile a quanto visto in Pikmin: il protagonista può comandare diversi tipi di servienti (le cui abilità variano a seconda del colore) per sconfiggere i nemici, azionare meccanismi, risolvere enigmi e raccogliere oggetti.
A differenza dei protagonisti della serie Nintendo, l’Overlord stesso può combattere insieme ai suoi servitori, che non mancheranno di sottolineare ciò che avviene sullo schermo con buffi commenti. Divertente, spassoso, talvolta irriverente, Overlord non era un gioco ambizioso, ma aveva una sua identità che me lo ha reso memorabile.
Ottima e impegnativa l’espansione Rising Hell. Il seguito, Overlord II, uscito un paio di anni dopo, era una versione ulteriormente potenziata del gioco originale e, seppur presentando una maggiore linearità, vantava un gameplay più vario e una grafica migliore, senza rinunciare all’ironia.
Decisamente apprezzabili anche gli spin-off su Wii, Dark Legend, e su DS, Minions. Purtroppo, non si sa bene perché, invece di realizzare un Overlord 3 si è preferito produrre un ulteriore spin-off, Fellowship of Evil, che di fatto ha ammazzato la serie. Trattasi di un Diablo-like improntato sul multiplayer, ma brutto, brutto forte. Chissà che mondi meravigliosi e accattivanti avrebbero potuto creare per un nuovo Overlord fatto come Dio comanda. Chissà.
Vanquish
Vanquish è uno di quei giochi che riescono a farmi provare sensazioni diametralmente opposte, un po’ come la morte per snu snu in Futurama
Perché dico questo? Perché è bellissimo da giocare, ti gasa, ti esalta, ti spara a 300 all’ora nell’azione più pura, con delle possibilità di mobilità mai viste prima… e che mai vedrete poi. Vanquish in un certo senso mi ha fatto cambiare prospettiva sugli altri TPS, rendendomeli tutti sul noioso andante, Gears of War compreso.
La storia non è niente di originale: siamo nel futuro, la scarsità di risorse ha portato i terrestri a creare colonie nello spazio, ci sono nazioni in conflitto, la battaglia scoppia su una di queste colonie e noi siamo ovviamente un soldato di un’unità speciale in mezzo al casino. Se avete una certa età, niente di nuovo, ma non è la trama il vero punto di forza del gioco, bensì come accennavo prima, il gameplay travolgente, marchio di fabbrica dei Platinumgames.
Un turbinio di scivolate, bullet time, coperture, cambi d’arma al volo, torrette, evoluzioni che manco Tony Hawk, esplosioni che manco Michael Bay… Vanquish più che uno sparatutto sembra un'esaltante e spettacolare coreografia di morte e distruzione.
Originariamente uscito su console nel 2010, Vanquish è stato rilasciato nel 2017 per pc, alimentando in me le speranze per un seguito, al momento rivelatesi ancora false. Accolto piuttosto bene dalla critica, probabilmente non ha comunque venduto abbastanza da poterne produrre un seguito, eppure resta ancora il miglior TPS mai fatto, a mio modesto parere.
RayForce/Storm/Crisis
Gli sparatutto con le navicelle, shmups come si dice oggi, non sono più di moda. Non lo sono da più di vent’anni almeno. E’ stato uno dei primi generi a spopolare agli albori del medium (Space Invaders docet), ma verso la fine degli anni ’90 era già vista come roba vecchia e limitata. Nonostante qualche ultimo formidabile esponente uscito in epoca 128bit (Ikaruga e Gradius V per esempio), gli shmups sono diventati un genere assolutamente di nicchia.
Ne ho giocati tanti e no ho amati molti di questi titoli, che fossero a scorrimento orizzontale o verticale o anche isometrico, sia in sala giochi che a casa. Quello che però ho rigiocato di più in vita mia è stato RayStorm, della Taito, pubblicato prima come coin-up e poi su Playstation e Saturn nel 1997.
Seguito di RayForce, dal quale ereditava il particolare gameplay basato sul “lockare” alcuni nemici per poterli colpire, fu uno dei primi shmups ad utilizzare la grafica poligonale, e ai tempi era uno spettacolo. 8 livelli, design fantastico, boss-fight memorabili, OST perfetta.
Anche gli altri titoli della saga erano degli ottimi giochi, ma RayStorm rimane il mio preferito. Su Ps3 e Xbox360 è stato pubblicato un remake, chiamato banalmente RayStorm HD, che presenta una grafica migliorata, ancora oggi godibilissima.
Adorerei vedere un nuovo capitolo che riporti sui nostri schermi quell’estetica tipicamente jappo condita da atmosfere musicali elettroniche. Magari con qualche innovazione a livello di struttura e gameplay, tipo bivi nei livelli che portano a strade diverse, navicelle che si trasformano per le boss-fight, armi e oggetti acquistabili nei porti spaziali etc. Mi piace sognare
Bloody Roar
Sega e Namco: “Il picchiaduro 3D è il genere del momento!”, tutti gli altri: “Facciamo un picchiaduro 3D!”. Questo è quello che è successo nella seconda metà degli anni ’90. Il successo di Virtua Fighter e Tekken ha portato al fiorire di questo genere, che in quel periodo ha visto nascere una moltitudine di titoli, tra cloni e sperimentazioni.
Tra i tanti c’è stato un gioco che si è particolarmente distinto per via di una peculiarità che lo rendeva unico: ogni combattette aveva l’abilità di trasformarsi in un mostro, più precisamente un animale antropomorfo, durante il combattimento: Bloody Roar della Hudson. Picchiaduro molto veloce e scenico, Bloody Roar poteva non essere tecnico come altri illustri esponenti del genere, ma risultava molto divertente ed esaltante.
I combattenti talvolta si tiravano vere e proprie “bordate” che sparavano l’avversario dall’altra parte del ring, in un contesto molto “anime”. Le versioni animalesche dei personaggi, tra cui vi erano presenti lupi, tigri, leoni, conigli, volpi, persino talpe) funzionavano essenzialmente da upgrade, con mosse uniche e potenziate, e rendevano i combattimenti ancora più serrati.
I primi due capitoli sono stati rilasciati sulla prima Playstation, i restanti sulle console a 128bit, dopodiché la serie non è più stata portata avanti. Purtroppo la Hudson risulta ormai defunta, e i diritti di Bloody Roar sono in mano alla Konami, se non erro. In pratica la cosa più probabile è l’uscita di un pachinko a tema. Che tristezza.
Ghost Trick
A Shū Takumi dovrebbero fare un monumento già solo per aver partorito la serie Ace Attorney, una delle più belle saghe di sempre. Non pago di tutto ciò, nel 2010 pubblica un nuovo gioco investigativo per Nintendo DS, Ghost Trick.
Si tratta di un gioco molto particolare: saremo chiamati a impersonare Sissel, una persona da poco… deceduta. In verità è l’anima di Sissel (o il suo fantasma, se preferite), sopravvissuta al corpo, che andremo a controllare. Grazie a un potere misterioso potremo tornare indietro di qualche minuto prima del decesso e cercare di cambiare il corso degli eventi manipolando la scena grazie all’interazione con particolari corpi o oggetti.
Cambiando la storia ogni volta si potrà tornare indietro nel tempo sempre di più, passando di schema in schema, fino ad arrivare a risolvere il mistero della morte di Sissel, con un susseguirsi di ribaltamenti e colpi di scena.
La verità è che non vorrei un seguito diretto di questo titolo, mi piacerebbe giocare un altro gioco con questo tipo di meccaniche, ma con una storia completamente diversa, perché Ghost Trick presenta effettivamente una trama esaustiva senza bisogno di appendici. Dai Shū, facci un altro dei tuoi miracoli.
Legacy of Kain/Soul Reaver
Una saga di giochi perlopiù adventure che presenta uno tra i migliori world building mai visti, condito da personaggi carismatici, atmosfere di mistero e decadimento… lasciata per appunto in decadenza.
Il primo Blood Omen e il primo Soul Reaver sono titoli che non vengono ricordati abbastanza a mio modo di vedere, ed è un peccato. Soprattutto Soul Reaver, che ai tempi, parliamo del 1999, era veramente uno di quei giochi che lasciavano a bocca aperta.
Ok, gli ultimi titoli della serie non sono stati proprio grandiosi (a dir la verità, se Defiance alla fine poteva ancora starci, Blood Omen 2 in effetti faceva un po’ pena), ma un ritorno in grande stile io ce lo vedo bene. Magari un bel reboot. Il mondo di Nosgoth non merita l’oblio, e personaggi cazzuti come Kain o Reziel possono ancora fare breccia nei cuori dei videogiocatori. E ora, con l’acquisto del brand da parte di Embracer, la fiamma della speranza per un ritorno della saga si è ravvivata. Non ci resta che attendere.
Dragon’s Crown
I picchiaduro a scorrimento, i miei amati picchiaduro a scorrimento, ai quali sono legati tanti cari ricordi di pomeriggi passati con gli amici a divertirsi insieme, quando il problema più grande era “A che gioco giochiamo?”. Ambientazione urbana, fantasy, post-apocalittica… li giocavo tutti durante la golden era.
Per mia fortuna il genere non è mai stato completamente abbandonato e negli anni abbiamo avuto il piacere di giocare a qualche reinterpretazione moderna, come il recente e ottimo Street of Rage 4. Nel 2013 Vanillaware, software già famosa per le produzioni in 2D piuttosto spettacolari, se ne uscì con questo Dragon’s Crown, erede spirituale di vecchi giochi targati Capcom come Tower of Doom e Shadow over Mystara (ma volendo anche di Golden Axe della Sega), e io non potei non acquistarlo.
Al di là di un approccio sotto alcuni aspetti macchinoso e di una confusione su schermo talvolta eccessiva, per un amante dei picchiaduro a scorrimento Dragon’s Crown era veramente un sogno da vedere e da giocare. Loot system, elementi da rpg, missioni secondarie, 6 classi giocabili, tanti nemici e boss, una pacchia in coop e una veste grafica 2D veramente meravigliosa.
Uscito originariamente per PS3, è stato poi convertito per PS4, ma di un eventuale secondo capitolo nessuna traccia. E sapete cosa mi fa stare male? Il fatto che Vanillaware non abbia mai prodotto un seguito di nessuno dei suoi giochi. Peggio di Valve.
Banjo-Kazooie/Tooie
Pianeta Terra chiama Microsoft, pianeta Terra chiama Microsoft, è uscita la trilogia remake di Crash Bandicoot, quella di Spyro the Dragon, le remaster di tre Mario 3D… dove capperi sono i remake dei due Banjo?
Mi raccomando, aspettiamo un’altra ventina d’anni prima di ricordarsi di avere in scuderia due dei migliori platform di tutti i tempi. Non sto chiedendo di creare subito un terzo, agognatissimo capitolo, ma almeno una riedizione confezionata come si deve dei primi due no?
Va bene, vi siamo tutti grati per Psychonauts 2, però dai, davvero volete che si vada a giocare a Banjo su Nintendo Switch Online?
Dark Messiah of Might and Magic
Arkane è una software house che negli anni ha dimostrato di saperci fare, nonostante avrebbero potuto essere premiati maggiormente sul lato delle vendite. Forse il gameplay dei loro titoli non è abbastanza mainstream per essere apprezzato dai più, ma in fondo tanto meglio per chi invece preferisce dei giochi che non siano la solita solfa condita col graficone.
Prey per esempio è l'emblema perfetto del titolo con un gameplay dalle tante sfaccettature e dal level design encomiabile, che però non ha riscosso il successo sperato. Apprezzatissimo da una nicchia di giocatori (meglio dire una fascia, nicchia è riduttivo), snobbato dagli altri. Con Dishonored era andata un po’ meglio, tuttavia le vendite rimangono lontane da quelle di altre saghe ben più diffuse.
Ma tra i giochi di Arkane il mio preferito rimane Dark Messiah, un first person adventure (non shooter) ambientato nell’universo di Might and Magic. Tanta azione, ottimo level design, interazione ambientale, customizzazione della crescita del personaggio, scelte morali, grafica spettacolare ai tempi (e che ancora oggi si difende) e soprattutto il miglior combat system in prima persona all’arma bianca che io abbia mai saggiato.
L’utilizzo della stamina (prima che From la facesse diventare una moda) e del calcio per allontanare ed eventualmente far cadere il nemico in trappole o dirupi rendevano i combattimenti a dir poco entusiasmanti. Uscito nel 2006 su PC e poi su console (una conversione purtroppo non all’altezza), per me resta un classico non celebrato, e un seguito che ne rispetti lo spirito e ne amplii i concetti sarebbe un acquisto sicuro.
Ninja Gaiden
Per me non c’è Devil May Cry, Bayonetta o God of War che tenga, è il primo Ninja Gaiden tridimensionale il mio action game preferito di sempre. Ammetto però di aver sempre avuto un debole per i giochi in cui si impersona un ninja, fin dagli anni ’80.
Uscito inizialmente nel 2004 come esclusiva sulla prima Xbox, Ninja Gaiden era un reboot per la serie, la cui origini risalgono ai sistemi 8 bit. Trama senza fronzoli, grafica di altissimo livello, combat system velocissimo, profondo e appagante, tante armi tutte utili a seconda della situazione, mondo di gioco formato da livelli interconnessi e molto vari, molteplici boss fight impegnative... tutto era al posto giusto.
Una volta padroneggiata la grande mobilità del protagonista, Ryu Hayabusa, era veramente un piacere fare i nemici a fette. Nessun altro action game mi ha mai restituito questo feeling, nonostante riconosca l'assoluta qualità dei concorrenti. E poi cosa c'è di più figo di essere un ninja? ...forse un robot-ninja, ma non divaghiamo.
Peccato che i successivi capitoli non siano stati all’altezza: il secondo in fin dei conti resta ancora un gran bell’action, seppur inferiore al primo, mentre il terzo si è rivelato veramente mediocre. Che sia davvero stato quel pazzo di Tomonobu Itagaki, il Richard Benson giapponese, l’ingrediente speciale che ha reso magico il primo Ninja Gaiden? Forse, ma non lo sapremo mai.
Tutta la trilogia “moderna” è stata rimasterizzata di recente, che Koei Tecmo stia tastando il terreno per un eventuale nuovo capitolo? Chi vivrà vedrà, o meglio, giocherà.
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